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Anche la nebbia serve
Anche la nebbia serve 1024 640 Luca Regina SHOWMAN

Anche la nebbia serve

Da pochi giorni è disponibile su Amazon e Kindle Store ANCHE LA NEBBIA SERVE, il mio primo libro, una raccolta di 12 racconti umoristici, pubblicato dalla Casa Editrice Scripta Volant.

Non avrei mai pensato che un giorno avrei scritto un libro e ammetto che per giorni e giorni è rimbombata nella mia testa la frase: “Lascia perdere, non ce la farai mai”.

E invece ce l’ho fatta e adesso sono veramente soddisfatto.

Per darvi un’idea di che cosa si tratta, eccovi la sinossi.

Se poi leggerete il libro e vi è piaciuto fatemelo sapere e fatemi anche una recensione, in caso contrario, fate finta di niente.

Un abbraccione a tutti, cari amici lettori!

Razzovaglia è un geometra, un uomo comune, uno dei tanti invisibili della nostra società.
Un po’ maldestro e pasticcione, è però anche un sognatore, alla continua ricerca della bellezza e del senso della vita.
Per lui perdersi nella nebbia può essere un’esperienza meravigliosa, così come mangiare tutto solo in una trattoria sperduta della Val Padana.
Una mattina, mentre è a spasso col suo cane, per fuggire da un calabrone malintenzionato, fa un ruzzolone e perde i sensi.
Disteso in un bosco, in un limbo tra sogni e realtà, ci comincia a parlare di lui e ci porta in un mondo popolato da personaggi stravaganti, oggetti che parlano e piante incantate che hanno un’anima.

Anche la nebbia serve

Anche la nebbia serve
di Luca Regina con la prefazione di Federico Sirianni
Copertina flessibile oppure Kindle Store

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Football
Ritorno al parco… 1024 640 Luca Regina SHOWMAN

Ritorno al parco…

Ritorno al parco…

Oggi è un grande giorno, dopo 52 giorni porto mio figlio al parco. Finalmente, ne ha bisogno. Leonardo ha 7 anni e ha voglia di correre e giocare all’aria aperta. Tra le varie conquiste di questa seconda fase c’è quella di portare i bimbi a giocare al parco e allora ne approfitto subito.

Si, i bimbi possono tornare a correre, a fare capriole, a saltare qua e là e ad arrampicarsi sugli alberi ma attenzione, l’uso di altalene e scivoli pare sia ancora vietato. Mi viene subito un pensiero un po’ angosciante, devo igienizzare tutto quello che toccherà? Fontane, cancelli, alberi e decine di cose toccabili? Ok, faro’ finta di niente tanto il virus non è così certo che viva sulle superfici per alcune ore. L’ho letto da qualche parte.

La mascherina però dobbiamo metterla tutti e due. Si, dal 4 maggio le mascherine proteggono dal virus. Prima probabilmente erano fatte di altri materiali e non funzionavano.

Allora, lui è pronto, mascherina pronta nel taschino, borraccia per l’acqua nello zaino e… i guanti li deve mettere? In effetti se tocca la fontana e magari qualche alberello… Solitamente, quando esce da scuola, anche a dicembre, vuole subito togliersi il giubbotto perché dice di avere caldo e voglio proprio vedere per quanto sopporterà i guanti in lattice a maggio dopo aver corso per tutta la metratura del parco in lungo e in largo. Mannaggia  però non sono riuscito a trovarli da nessuna parte… e vabbè, per questa volta gli faccio usare quelli in pile.

Adesso direi che siamo pronti. Ma prima di uscire di casa, mi assale un terribile dubbio! Ci stavo pensando da giorni ma poi l’euforia di fine quarantena mi ha fatto dimenticare questo atroce dilemma. Io, per andare al parco, come mi vesto? Ma che domanda è questa? Si, oggi devo decidere se vestirmi normalmente o da giocatore di football americano o da lottatore di wrestling. Proprio così, perché a volte prevedo il futuro.

Leonardo appena arrivati al parco, vedrà da lontano un suo compagno di scuola che non vede da 52 giorni e comincerà a correre come un pazzo verso di lui. Mi vedo già la scena al rallenty. Lui che corre come nel film Momenti di gloria, lo sguardo dei presenti in preda al panico rivolto ai bambini che stanno per abbracciarsi e poi in modo ostile nei miei confronti e la mia corsa con placcaggio finale stile foootball americano. Siiiii, l’ho fermato a 1.5 metri dall’amico!!! Il distanziamento sociale è stato rispettato. Esulto per un attimo, una signora viene a stringermi la mano (col guanto) ma lui si rialza e allora comincia la lotta stile wrestling con calci e pugni. Sento cori di incitamento per me e anche i vigili accorsi applaudono compiaciuti quando vedono che ho la meglio. Ma nel frattempo il parco si è trasformato in una mega arena. Passeggini che volano in aria, ciucci lanciati come sanpietrini e biberon usati come bombe molotov dai più grandi. La situazione a noi genitori sicuramente poi sfuggirà di mano e dovremo arrenderci. Saremo costretti a vederli giocare tra di loro senza il rispetto della distanza di sicurezza. Rassegniamoci, andrà a finire così e non solo nei parchi. E il virus? Boh, ho letto da qualche parte che tra i bambini forse non si diffonde.

Ma secondo voi, creatori di decreti ai tempi del coronavirus, a un bambino basta andare al parco a fare le capriole e correre tutto solo? Ma ci avete pensato che per un bambino il gioco di gruppo e’ alla base della propria crescita e rappresenta un qualcosa di fondamentale a livello educativo? I bambini devono giocare in gruppo, punto e basta. Bisogna trovare una soluzione concreta a questo problema. È una priorità! Ma, ultimo dilemma del giorno, che adulti saranno i bambini che non possono oggi giocare  insieme?

Orizzonte
Fase 2, w la libertà! 1024 683 Luca Regina SHOWMAN

Fase 2, w la libertà!

4 maggio 2020, inizia una nuova fase della nostra vita.

In molti esultano perché la Fase 2 rappresenta, dicono, un passo verso la riconquista della nostra libertà. Possiamo di nuovo fare una serie di cose, per esempio andare al parco a correre. Quindi, chi non sente il bisogno di andare al parco a correre era già libero prima? Chiedo per un amico sia chiaro.

Il 4 maggio è uno spiraglio di luce, come ha detto Gabriele Romagnoli su Repubblica in un bellissimo articolo. Quanti hanno sacrificato la propria vita per la parola libertà… Ma esattamente, cosa sarebbe la libertà? Chiedo, sempre per lo stesso amico.
Oggi è una giornata di grandi interrogativi! I grandi temi dell’esistenza, scritto a caratteri cubitali.

Sicuramente a tutti noi è capitato di iniziare discussioni con qualcuno su cos’è la libertà. Mi ricordo più volte di aver iniziato queste discussioni ma non mi ricordo mai esattamente come sono andate a finire. Si perché sono sempre finite a tarallucci e vino e spesso mi hanno poi causato dei bei mal di testa.

Ognuno ha una sua idea di libertà e se chiedi di spiegartela, spesso dopo un po’ non si capisce più niente e la stessa persona che ti parla comincia poi a balbettare concetti incomprensibili.
C’è chi cita Camus, chi Aristotele, chi cita canzoni, chi John Lennon e così via. A proposito di canzoni, io in tutto questo periodo della quarantena, mi sono ritrovato spesso a canticchiare tra me Viva la libertà di Jovanotti. Mi piace il ritornello e il titolo nella sua jovanottiana semplicità. Ma se poi andiamo ad analizzarne il testo, anche lui dopo un po’ diventa poco credibile e infantile.
Se ci facciamo caso, tutti quando parliamo di libertà dopo un po’ diventiamo infantili e facciamo esempi quasi da asilo proprio perché forse la libertà vera è quella che abbiamo provato quando eravamo bambini. Puri, quando vivevamo solo per il gioco e nessuno era ancora riuscito a inculcarci certi concetti e “dogmi” del mondo degli adulti.
Forse, per essere liberi dobbiamo tornare a essere tutti un po’ i bambini che eravamo.

Ma tornando all’attualità, adesso che posso uscire un po’ di più di casa, sono libero?
Mah, basta uscire di casa per essere liberi?!
Nella mia testa inizia adesso un mantra, a base di “quindi”, attenzione…
Quindi se posso tornare a lavorare sono libero?
Quindi se posso andare a trovare i congiunti sono libero?
Quindi se posso andare a tagliarmi i capelli sono libero?
Quindi se posso andare a ritirare la pizza sono libero?
E così via…

Ecco, ricomincia a venirmi il mal di testa anche perché per aumentare la mia confusione mi viene in mente il pensiero di Michel de Montaigne che diceva che “la vera libertà consiste nel sapersi dominare in tutte le cose.” Quindi?
Forse la libertà è un concetto e uno stato talmente forte dell’essere umano che nessuno potrà mai riuscire a rubartela se sei consapevole di averla a prescindere. Bisognerebbe sempre avere la consapevolezza che possiamo fare alcune cose perché siamo liberi. Dovrebbero inventare qualche aggeggio che quando fai qualcosa grazie alla libertà lui emette un suono! Dobbiamo conoscerla, capire quando ci sta facendo veramente godere di qualcosa ma soprattutto dobbiamo capire quando la nostra libertà sta prevaricando sulla libertà altrui. È proprio questo il punto. E questo discorso vale anche e soprattutto nei confronti dell’ambiente. Dobbiamo capire e definire meglio fin dove possiamo arrivare nei suoi confronti. Elementare Watson!

Nella lingua greca che spesso riesce a definire e descrivere in modo incredibile e sorprendente alcuni concetti, la parola libertà vuole anche dire “definire i propri limiti”. Secondo me questa è la definizione più sublime che ci sia e che non lascia spazio a nessun tipo di fraintendimento. D’altra parte i greci sono sempre stati molto precisi nel chiamare le cose col termine giusto. Pensate che in greco rosa si dice triandafilo. Trenta petali. Aprite una rosa e contate.

Sto iniziando a straparlare?
Vabbè, vado a prendere i tarallucci e il vino.
Lo sapevo che andava a finire così…

Facciamo come ad Amsterdam! 1024 738 Luca Regina SHOWMAN

Facciamo come ad Amsterdam!

In molti pensano che alla fine di tutto questo pandemonio non cambierà niente, che tutto presto tornerà come prima e che anzi probabilmente sarà peggio. Io invece voglio essere ottimista e credo che questo possa veramente essere il momento di una Green Revolution e l’inizio di una nuova era. Durante questa quarantena siamo stati costretti a fermarci e a riflettere e abbiamo tutti fatto una scoperta preziosa: abbiamo veramente bisogno di poco per vivere e tutto sommato stare bene. Mi vengono allora in mente le parole dell’ex presidente dell’Uruguay Mujica che dice che non è povero chi ha poco ma chi crede di aver bisogno di avere tanto.

Adesso sembra che le cose finalmente inizino ad andare meglio e possiamo allora riaccendere i motori e prepararci tutti all’ormai mitologica Fase 2. Tutti ne parlano, dopo il mesozoico e il medioevo adesso c’è anche la Fase 2. Ma attenzione, pare che questa nuova epoca ci porterà solo sacrifici, crisi globali e che la nostra vita non sarà più quella di prima.

Il PIL in Italia scenderà del 9%. Porca miseria, e come faremo? Da quando sono nato sento sempre e solo analisti economici parlare di PIL. E il PIL di qua e il PIL di là. Trallallero trallallà. Ma basta! Ricordo Benigni quando faceva notare che Prodotto Interno Lordo come parola ricorda qualcosa di schifoso e puzzolente!

E se non fosse cosi fondamentale questo PIL??? Perché non sogniamo un mondo non più schiavo di questa parola? E se facessimo come nel Buthan, dove anziché il PIL calcolano il FIL, la Felicità Interna Lorda?!? Ovvero, si è felici non se il PIL sale ma se abbiamo ciò che ci serve veramente nel rispetto dell’ambiente che ci circonda. é il momento giusto per cambiare, liberiamoci dal PIL e pensiamo al FIL.

Se sarà veramente l’apocalisse economica che dicono, con milioni di disoccupati e carestie bibliche, saremo costretti a cambiare il nostro modo di stare su questo pianeta e anche in fretta! Lo diceva già Greta questo ma mi sa che Covid 19 non lascia spazio a trattative. E a chi dice che non è possibile, facciamo notare che altrove lo stanno già facendo…

È di questi giorni la notizia che la città di Amsterdam ripartirà dal lockdown cercando di seguire il più possibile le idee dell’economista di Oxford Kate Raworth, la teorica del modello della ciambella. Secondo la teoria della Raworth, bisogna allontanarsi dall’attaccamento globale alla crescita economica e alle leggi della domanda e dell’offerta e avvicinarsi al cosiddetto ‘modello a ciambella’ per ritornare ad avere un equilibrio con il Pianeta. Più FIL e meno PIL n parole povere.

Secondo questo modello esistono sette passaggi che finiscono per creare un’economia circolare capace di rigenerare i sistemi naturali e di redistribuire le risorse, consentendo a tutti di vivere una vita dignitosa in uno spazio sicuro ed equo. Immaginiamo una ciambella come quelle di Omar Simpson e iniziamo dall’anello interno che stabilisce il minimo necessario per condurre una buona esistenza, qui ci sono gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: da cibo e acqua pulita a un certo livello di alloggi, servizi igienico-sanitari, energia, istruzione, assistenza sanitaria, uguaglianza di genere, reddito e voce politica. Chi non raggiunge tali standard minimi vive all’interno del buco della ciambella. L’anello esterno rappresenta, invece, l’obiettivo ecologico: i confini al di fuori dei quali l’uomo non dovrebbe andare per non danneggiare il clima, il suolo, gli oceani, lo strato di ozono, l’acqua dolce e l’abbondante biodiversità. Tra i due anelli c’è la ciambella vera e propria, dove vengono soddisfatte le esigenze di tutti, ma anche quelle del Pianeta. L’obiettivo dell’attività economica dovrebbe essere quello di soddisfare le esigenze fondamentali di tutti, con le risorse messe a disposizione dal Pianeta.

Navigando un po’ qua e la, ho trovato su The Guardian una breve e chiara descrizione di quelli che sono i 7 principi sui quali si basa il modello della ciambella. Io li trovo molto stimolanti e soprattutto possibili da mettere in pratica! Eccoli:

Primo, cambiare l’obiettivo. L’economia è rimasta fissa per oltre settant’anni sul Pil, o Prodotto interno lordo, come principale misura del suo progresso. Questa fissazione è stata usata per giustificare estreme diseguaglianze nel reddito e nella ricchezza, accoppiate a un degrado del mondo vivente mai visto prima. Per il XXI secolo è necessario un obiettivo ben più grande: rispettare i diritti umani di ognuno nei limiti del pianeta che ci dà la vita. E questo obiettivo è sintetizzato nell’immagine della Ciambella. La sfida ora consiste nel creare economie – dal livello locale a quello globale – che contribuiscano a portare tutta l’umanità nello spazio sicuro ed equo della Ciambella. Invece di perseguire la crescita infinita del Pil, è ora di scoprire come prosperare in equilibrio.

Secondo, vedere l’immagine complessiva. L’economia mainstream raffigura tutta l’economia in un solo diagramma, il flusso circolare del reddito. Le sue limitazioni, inoltre, sono state usate per rafforzare la narrativa neoliberista sull’efficienza del mercato, l’incompetenza dello stato, la vita domestica familiare, e la tragedia dei beni comuni. Dobbiamo ridisegnare l’economia da capo, integrandola nella società e nella natura, e fare che sia alimentata dal Sole. Una nuova raffigurazione stimola nuove narrative – riguardo al potere del mercato, alla partecipazione dello stato, al ruolo centrale del nucleo famigliare, e alla creatività dei beni comuni.

Terzo, coltivare la natura umana. Al centro dell’economia del XX secolo c’è il ritratto dell’uomo economico razionale: ci ha raccontato che siamo egoisti, isolati, calcolatori, con dei gusti stabili, e che dominiamo la natura – e il suo ritratto ha modellato quello siamo diventati. Ma la natura umana è molto più ricca di così, come rivelano i primi abbozzi del nostro nuovo autoritratto: siamo sociali, interdipendenti, vicini, fluidi nei valori e dipendenti dal mondo vivente. In più, è effettivamente possibile coltivare la natura umana in modi che ci daranno una possibilità molto più grande di entrare nello spazio sicuro ed equo della Ciambella.

Quarto, acquisire comprensione dei sistemi. L’emblematico andirivieni dei rifornimenti del mercato e delle curve della domanda è il primo diagramma che ogni studente di economia incontra, ma esso è radicato in metafore fuorvianti, risalenti al XIX secolo, sull’equilibrio meccanico. Un punto di partenza molto più intelligente per comprendere la dinamicità dell’economia è il pensiero sistemico, riassunto in un paio di cicli di feedback. Porre questa dinamicità al centro dell’economia apre le porte a molte nuove intuizioni, dai cicli di espansione e contrazione dei mercati finanziari alla natura autorinforzante della diseguaglianza economica e ai punti di non ritorno dei cambiamenti climatici. È ora di smettere di cercare le inafferrabili leve di comando dell’economia e di cominciare a gestirla come un sistema complesso in continua evoluzione.

Quinto, progettare per distribuire. Nel XX secolo, una semplice curva – la curva di Kuznets – diffonde un potente messaggio sulla diseguaglianza: deve andare peggio prima di poter andare meglio, e la crescita (alla fine) migliorerà la situazione. Ma la diseguaglianza, si scopre, non è una necessità economica: è un errore di progettazione. Gli economisti del XXI secolo riconosceranno che ci sono molti modi di progettare le economie per fare che siano molto più distributive riguardo al valore che generano – un’idea meglio rappresentata come una rete di flussi. Questo significa andare oltre la ridistribuzione del reddito fino alla ridistribuzione della ricchezza, in particolare la ricchezza che giace nel possesso di terreni, imprese, tecnologie e conoscenze e nel potere di creare denaro.

Sesto, creare per rigenerare. La teoria economica ha per lungo tempo considerato un ambiente “pulito” un bene di lusso, che solo i benestanti possono permettersi. Questa visione è stata rafforzata dalla Curva ambientale di Kuznets, che suggeriva ancora una volta che l’inquinamento deve peggiorare prima di migliorare, e che la crescita (alla fine) avrebbe portato un miglioramento. Ma non c’è nessuna legge del genere: il degrado ecologico è semplicemente il risultato di una progettazione industriale degenerativa. Questo secolo ha bisogno di un pensiero economico che scateni la progettazione rigenerativa per creare un’economia circolare – non lineare – per restituire agli esseri umani il ruolo di partecipanti a pieno titolo ai processi ciclici della vita sulla Terra.

Settimo, essere agnostici riguardo alla crescita. C’è un diagramma della teoria economica così pericoloso da non essere mai realmente tracciato: l’andamento a lungo termine della crescita del Pil. L’economia mainstream vede la crescita infinita dell’economia come un obbligo, ma niente in natura cresce per sempre e il tentativo di opporsi a questa tendenza sta sollevando questioni serie nei paesi ad alto reddito ma a bassa crescita. Potrebbe non essere difficile abbandonare la crescita del Pil come obiettivo economico, ma sarà molto più difficile superare la nostra dipendenza da essa. Oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano prosperare o meno: quello di cui abbiamo bisogno sono economie che ci facciano prosperare, che crescano o meno. Questo ribaltamento del punto di vista ci spinge a essere agnostici riguardo alla crescita e a capire come le economie che oggi dipendono finanziariamente, politicamente e socialmente dalla crescita possano esistere con o senza di essa.

Cosa ne dite? Non mi sembra il delirio di un visionario ma una concretà possibilità e una speranza per il nostro futuro.

Iside
Incontri clandestini ai tempi del Covid19 960 720 Luca Regina SHOWMAN

Incontri clandestini ai tempi del Covid19

Nella Divina Commedia, Dante comincia il suo viaggio partendo da un boschetto.
Io mi rendo conto di essere fortunato, perché ho un boschetto sotto casa e soprattutto perché, poco prima della quarantena, ho adottato un cagnolino di nome Iside.
Iside adesso è il mio permesso di libera uscita vivente e il boschetto, che un tempo era un posto snobbato, con pochi cespugli tagliati di rado, molte cartacce e buste di plastica sparse qua e là e un po’ di bisce che ogni tanto fugacemente si facevano vedere, oggi invece sta diventando sempre più un luogo non luogo, quasi come il bar sotto il mare di Stefano Benni.
Ieri, come tutte le mattine, verso le 9 mi sono alzato, vestito, messo il guinzaglio al quadrupete e sono uscito di casa per andare al boschetto quindi.
Avvicinandomi ho iniziato a sentire delle voci in lontananza.
Si, oddio, delle voci all’aria aperta!
Erano le voci di 3 signore di una certa età che, rischiando di cadere e di rompersi il femore nel sentiero tortuoso, stavano sfidando la legge per incontrarsi nel boschetto e parlare.
A bassa voce, guardandosi sempre intorno, con la paura di essere segnalate e poi anche multate dalla polizia.
Incrociandole le sorrido, le trovo subito molto simpatiche, delle azdore come si dice da queste parti in Romagna e poi scambio con loro due chiacchiere, a distanza di sicurezza sia chiaro.
Dopo aver salutato le 3 fuorilegge, sento un respiro affannato che si avvicina.
È un altro fuorilegge, un mountain biker clandestino.
Anche lui mi è subito simpatico, mi spiega che sta facendo un circuito.
In 150 metri quadrati.
Dopo il ciclista, vedo l’immagine top della giornata.
Un signore di una certa età, non sapendo più cosa fare, probabilmente dopo aver litigato con la moglie, tutto solo in mezzo ai rovi, sta sfoltendo e si sta prendendo cura di alberelli selvatici e graminacee varie.
Mi immagino le piante, che non sono mai state considerate da nessuno in vita loro, che adesso si trovano costrette a un momento di cura e igiene del proprio corpo.
Tra i cespugli spunta a un certo punto un uomo sulla quarantina, con un piccolo codino e l’aria da intellettuale un po’ hippie anni 70.
Si chiama Virgilio, è un insegnante di filosofia.
Cominciamo a parlare di storia e filosofia e, nelle pause, di calcio.
Ma poi di scatto mi dice che deve scappare, a breve deve tenere una lezione on line.
E salutandomi mi dice “tranquillo, tutto scorre, Panta Rei”.
Dopo la passeggiata col cane, che dura circa un’oretta, rientro a casa.
Non vedo l’ora di tornare nel boschetto dell’illegalità.

Pepe Mujica
Il virus renderà il mondo migliore? Per Mujica… 1024 758 Luca Regina SHOWMAN

Il virus renderà il mondo migliore? Per Mujica…

Tra i grandi personaggi politici dei nostri tempi, quello che forse incarna più di tutti l’ideale romantico del leader del popolo che combatte contro le ingiustizie è sicuramente Pepe Mujica. L’ex presidente dell’Uruguay, con i suoi baffetti e il suo sguardo dolce, sprizza amore, empatia e umanità. Scomodando qualche ragionamento di lombrosiana memoria, la sua faccia parla da sola. Difficile non aprire il cuore davanti a un così.

Guardandolo mi viene subito in mente l’anima poetica del Che e la sua famosa frase “la durezza di questi tempi non ci deve far perdere la tenerezza dei nostri cuori”. In molti lo hanno definito il presidente più povero del mondo ma lui povero non si è mai sentito. Per lui non è povero chi ha poco ma chi crede di aver bisogno di tanto. C’è anche chi lo ha definito “l’uomo più senza cravatta dell’Universo”. Fantastica questa definizione!

Il grande Emir Kusturica gli ha dedicato il film “Una vita suprema” e sicuramente lo guarderò durante questa quarantena, Vi consiglio anche di ascoltare il suo intervento alle Nazioni Unite. Un distillato del suo pensiero, della sua idea di ecologismo e della sua filosofia di vita. Da sempre, quando penso a cose belle, quando mi viene in mente mio nonno o anche solo quando sento una parola detta veramente col cuore, mi vengono subito le lacrime agli occhi e durante il suo discorso vi confesso che mi sono venute e anche tanto.

Durante i 5 anni del suo mandato è riuscito con la sua politica a migliorare notevolmente le condizioni di vita di tantissimi suoi connazionali. In un mondo in cui si fa politica spesso per avere dei benefici personali, lui, appena eletto presidente, si è decurtato lo stipendio che gli spettava del 90%. Si del 90 %. Tutto il resto ha deciso di devolverlo per iniziative concrete a sostegno del suo popolo.

Ha anche rifiutato di trasferirsi in una lussuosa dimora presidenziale e ne ha aperto le porte ai senzatetto di Montevideo. E lui ha continuato a vivere nella sua umile fattoria, nel Rincon del Cerro, a pochi chilometri dalla capitale, dove la campagna è più una fatica che un luogo verde, con la moglie e i suoi numerosi cagnolini meticci. Già solo per il fatto che ha la casa piena di meticci mi sarebbe comunque particolarmente simpatico.

No ma, ci rendiamo conto di che personaggio stiamo parlando? Per lui si è felici se si è padroni del proprio tempo e non se si vive e si lavora solo per accumulare beni e ricchezza. Mi viene in mente il Bhutan, lo stato più felice dell’Asia… Lui sogna un mondo diverso, un mondo dove la globalizzazione non riguarda solo i mercati ma soprattutto gli esseri umani e l’ambiente. Forse tutto ciò è un’utopia ma per Mujica è sempre stato il fine delle sue battaglie. Ultimamente gli è stato chiesto se il mondo cambierà dopo il coronavirus e lui ha risposto di no.

Per lui il mondo non cambierà per un virus ma cambierà solo quando tutti gli uomini spingeranno nella stessa direzione.

Però… pensiamo per un attimo alla situazione attuale, un mese fa, noi italiani eravamo arrabbiati coi cinesi, poi i francesi ci sfottevano con la pizza Corona, poi gli spagnoli se la sono presa coi francesi e poi gli inglesi facevano i superiori. Ma poi anche gli inglesi hanno chiuso i pub e Trump, per essere all’altezza, ha iniziato ad avercela con l’Europa e poi il Sudamerica con l’America del nord e cosi via fino a pochi giorni fa. Un effetto domino colossale. E adesso?

Il momento delle ridicole accuse agli untori è finalmente passato e ho l’impressione che s’inizi ad avere di più la percezione che siamo tutti semplicemente esseri umani. Adesso siamo tutti un po’meno italiani, francesi, spagnoli, americani, australiani… Cavolo, ci voleva un piccolo e invisibile virus per farcelo capire. Ma allora, ecco che forse il virus può aiutarci per andare nella direzione auspicata da Mujica.

È possibile che si vada, dopo questo momento, verso una globalizzazione degli esseri umani. Voglio pensare che andrà cosi, anche se lo sguardo ostile di alcune persone al supermercato mi fa venire qualche dubbio. Chissà, magari tra due anni il mondo sarà come o peggio di prima, però penso che sia bello crederci anche se fosse solo un sogno, perché, come dice Mujica, se l’uomo crede in qualcosa non sarà mai solo e non avrà mai tempo per essere triste.

Adesso l’aria è migliore ma dopo cosa succederà? 1024 678 Luca Regina SHOWMAN

Adesso l’aria è migliore ma dopo cosa succederà?

Da quando è scattata l’emergenza coronavirus, la qualità dell’aria in tutta Italia e soprattutto al nord, è decisamente migliorata. Lo dicono i bollettini quotidiani di Arpa Lombardia, Arpa Piemonte e Arpa Veneto. In rete si trovano centinaia di immagini e foto scattate da satelliti che mettono in risalto il calo delle polveri sottili e a prima vista non possiamo che tirare un piccolo sospiro di sollievo e in qualche modo pensare che questo covid 19 sia anche portatore di qualcosa di positivo.

  In Cina le cose vanno addirittura meglio che in Italia visto il rallentamento della produzione industriale che si basa ancora in gran parte sull’utilizzo del carbone. In Italia invece, le polvere sottili presenti nell’aria come il NO2, sono per il 70% causate dal traffico automobilistico.

In sostanza noi inquiniamo meno con l’industria ma più con le auto. Diminuendo il traffico calano quindi le polveri sottili anche se, a dirla tutta, stiamo più in casa e i riscaldamenti quindi vanno a massimo regime. Questo vuol dire che comunque con l’arrivo della primavera la situazione migliorerà ulteriormente ma quando poi si tornerà alla normalità cosa succederà? È questo il grosso interrogativo se vogliamo analizzare la situazione attuale dal punto di vista dell’ambiente.

Forse sono un po’ troppo pessimista ma temo che alla fine di questa emergenza tutti avranno voglia di rimettersi a correre e cercheranno di recuperare il tempo perso in ogni attività senza pensare troppo all’ambiente. Dopo mesi di astinenza da auto, per esempio, sarà un’overdose continua. Prevedo giri in macchina a go go senza meta. “Dove andiamo?” “Non lo so, ma andiamo!”

Ci sarà anche poi una recessione ma la produzione industriale ripartirà e di conseguenza l’aria ricomincerà, penso anche molto velocemente, a tornare malsana come prima. E gran parte dei fondi che erano destinati alla green economy è facile pensare che saranno dirottati verso la sanità e verso i settori più colpiti da questo flagello chiamato covid 19.

Il duro lavoro fatto dalle associazioni ambientaliste e da Greta in questi ultimi anni, per portare alla ribalta il problema del climate change, rischia di essere stato inutile. È brutto dirlo ma temo che per un bel po’ i pensieri della gente non andranno verso il rispetto dell’ambiente. La parola d’ordine sarà “Dimentichiamo il maledetto virus!”.

 Ma siamo sicuri che il virus non si sia diffuso cosi aggressivamente proprio a causa dell’inquinamento ambientale? La risposta è no! Pare infatti che ci sia un nesso tra diffusione del virus e inquinamento ambientale. Se l’aria fosse stata meno inquinata, il virus non si sarebbe diffuso cosi facilmente. Si, le polvere sottili si sono comportate come vettori del coronavirus. Lo sostiene un gruppo di ricercatori che ha esaminato i dati pubblicati sui siti delle agenzie regionali per la protezione ambientale confrontandoli con i casi ufficiali di contagio riportati sul sito della Protezione Civile.

È stato cosi sottolineato il ruolo del particolato atmosferico come “carrier”, ovvero vettore di trasporto e diffusione per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Quindi, se ascoltiamo di più Greta e ci comportiamo e viviamo in modo più ecosostenibile, in futuro virus come il covid 19 avranno meno probabilità di attaccarci e di farci ripiombare nell’incubo che stiamo vivendo in questi giorni. Tutto torna quindi…

La speranza è che in tutto il mondo il periodo di ripresa che seguirà la crisi attuale diventi un’occasione per i governi per ripensare alcune modalità produttive, dando maggior importanza, ad esempio, al lavoro da casa, che riduce gli spostamenti dei pendolari, e finanziando ulteriormente il settore delle fonti di energia rinnovabili. Cerchiamo allora di non perdere alcune buone abitudini che stiamo sperimentando in questi giorni come lo smart working, termine in pratica sconosciuto prima dell’arrivo del famigerato covid19 e un uso limitato delle auto.

Speriamo veramente che questa occasione di cambiamento non venga sprecata e che le parole di questa poesia scritta durante l’epidemia della peste nel 1800 da Kitty O’Meary diventino realtà…

“E la gente rimase a casa E lesse libri e ascoltò E si riposò e fece esercizi E fece arte e giocò E imparò nuovi modi di essere E si fermò E ascoltò più in profondità Qualcuno meditava Qualcuno pregava Qualcuno ballava Qualcuno incontrò la propria ombra E la gente cominciò a pensare in modo differente E la gente guarì. E nell’assenza di gente che viveva In modi ignoranti Pericolosi Senza senso e senza cuore, Anche la terra cominciò a guarire E quando il pericolo finì E la gente si ritrovò Si addolorarono per i morti E fecero nuove scelte E sognarono nuove visioni E crearono nuovi modi di vivere E guarirono completamente la terra. Così come erano guariti loro”.

Ma Luca Regina chi?

Un comico dissacrante, un abile intrattenitore, uno spumeggiante comunicatore, un virtuoso della magia, un ricercatore dell’assurdo.

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