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Facciamo come ad Amsterdam! 1024 738 Luca Regina SHOWMAN

Facciamo come ad Amsterdam!

In molti pensano che alla fine di tutto questo pandemonio non cambierà niente, che tutto presto tornerà come prima e che anzi probabilmente sarà peggio. Io invece voglio essere ottimista e credo che questo possa veramente essere il momento di una Green Revolution e l’inizio di una nuova era. Durante questa quarantena siamo stati costretti a fermarci e a riflettere e abbiamo tutti fatto una scoperta preziosa: abbiamo veramente bisogno di poco per vivere e tutto sommato stare bene. Mi vengono allora in mente le parole dell’ex presidente dell’Uruguay Mujica che dice che non è povero chi ha poco ma chi crede di aver bisogno di avere tanto.

Adesso sembra che le cose finalmente inizino ad andare meglio e possiamo allora riaccendere i motori e prepararci tutti all’ormai mitologica Fase 2. Tutti ne parlano, dopo il mesozoico e il medioevo adesso c’è anche la Fase 2. Ma attenzione, pare che questa nuova epoca ci porterà solo sacrifici, crisi globali e che la nostra vita non sarà più quella di prima.

Il PIL in Italia scenderà del 9%. Porca miseria, e come faremo? Da quando sono nato sento sempre e solo analisti economici parlare di PIL. E il PIL di qua e il PIL di là. Trallallero trallallà. Ma basta! Ricordo Benigni quando faceva notare che Prodotto Interno Lordo come parola ricorda qualcosa di schifoso e puzzolente!

E se non fosse cosi fondamentale questo PIL??? Perché non sogniamo un mondo non più schiavo di questa parola? E se facessimo come nel Buthan, dove anziché il PIL calcolano il FIL, la Felicità Interna Lorda?!? Ovvero, si è felici non se il PIL sale ma se abbiamo ciò che ci serve veramente nel rispetto dell’ambiente che ci circonda. é il momento giusto per cambiare, liberiamoci dal PIL e pensiamo al FIL.

Se sarà veramente l’apocalisse economica che dicono, con milioni di disoccupati e carestie bibliche, saremo costretti a cambiare il nostro modo di stare su questo pianeta e anche in fretta! Lo diceva già Greta questo ma mi sa che Covid 19 non lascia spazio a trattative. E a chi dice che non è possibile, facciamo notare che altrove lo stanno già facendo…

È di questi giorni la notizia che la città di Amsterdam ripartirà dal lockdown cercando di seguire il più possibile le idee dell’economista di Oxford Kate Raworth, la teorica del modello della ciambella. Secondo la teoria della Raworth, bisogna allontanarsi dall’attaccamento globale alla crescita economica e alle leggi della domanda e dell’offerta e avvicinarsi al cosiddetto ‘modello a ciambella’ per ritornare ad avere un equilibrio con il Pianeta. Più FIL e meno PIL n parole povere.

Secondo questo modello esistono sette passaggi che finiscono per creare un’economia circolare capace di rigenerare i sistemi naturali e di redistribuire le risorse, consentendo a tutti di vivere una vita dignitosa in uno spazio sicuro ed equo. Immaginiamo una ciambella come quelle di Omar Simpson e iniziamo dall’anello interno che stabilisce il minimo necessario per condurre una buona esistenza, qui ci sono gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: da cibo e acqua pulita a un certo livello di alloggi, servizi igienico-sanitari, energia, istruzione, assistenza sanitaria, uguaglianza di genere, reddito e voce politica. Chi non raggiunge tali standard minimi vive all’interno del buco della ciambella. L’anello esterno rappresenta, invece, l’obiettivo ecologico: i confini al di fuori dei quali l’uomo non dovrebbe andare per non danneggiare il clima, il suolo, gli oceani, lo strato di ozono, l’acqua dolce e l’abbondante biodiversità. Tra i due anelli c’è la ciambella vera e propria, dove vengono soddisfatte le esigenze di tutti, ma anche quelle del Pianeta. L’obiettivo dell’attività economica dovrebbe essere quello di soddisfare le esigenze fondamentali di tutti, con le risorse messe a disposizione dal Pianeta.

Navigando un po’ qua e la, ho trovato su The Guardian una breve e chiara descrizione di quelli che sono i 7 principi sui quali si basa il modello della ciambella. Io li trovo molto stimolanti e soprattutto possibili da mettere in pratica! Eccoli:

Primo, cambiare l’obiettivo. L’economia è rimasta fissa per oltre settant’anni sul Pil, o Prodotto interno lordo, come principale misura del suo progresso. Questa fissazione è stata usata per giustificare estreme diseguaglianze nel reddito e nella ricchezza, accoppiate a un degrado del mondo vivente mai visto prima. Per il XXI secolo è necessario un obiettivo ben più grande: rispettare i diritti umani di ognuno nei limiti del pianeta che ci dà la vita. E questo obiettivo è sintetizzato nell’immagine della Ciambella. La sfida ora consiste nel creare economie – dal livello locale a quello globale – che contribuiscano a portare tutta l’umanità nello spazio sicuro ed equo della Ciambella. Invece di perseguire la crescita infinita del Pil, è ora di scoprire come prosperare in equilibrio.

Secondo, vedere l’immagine complessiva. L’economia mainstream raffigura tutta l’economia in un solo diagramma, il flusso circolare del reddito. Le sue limitazioni, inoltre, sono state usate per rafforzare la narrativa neoliberista sull’efficienza del mercato, l’incompetenza dello stato, la vita domestica familiare, e la tragedia dei beni comuni. Dobbiamo ridisegnare l’economia da capo, integrandola nella società e nella natura, e fare che sia alimentata dal Sole. Una nuova raffigurazione stimola nuove narrative – riguardo al potere del mercato, alla partecipazione dello stato, al ruolo centrale del nucleo famigliare, e alla creatività dei beni comuni.

Terzo, coltivare la natura umana. Al centro dell’economia del XX secolo c’è il ritratto dell’uomo economico razionale: ci ha raccontato che siamo egoisti, isolati, calcolatori, con dei gusti stabili, e che dominiamo la natura – e il suo ritratto ha modellato quello siamo diventati. Ma la natura umana è molto più ricca di così, come rivelano i primi abbozzi del nostro nuovo autoritratto: siamo sociali, interdipendenti, vicini, fluidi nei valori e dipendenti dal mondo vivente. In più, è effettivamente possibile coltivare la natura umana in modi che ci daranno una possibilità molto più grande di entrare nello spazio sicuro ed equo della Ciambella.

Quarto, acquisire comprensione dei sistemi. L’emblematico andirivieni dei rifornimenti del mercato e delle curve della domanda è il primo diagramma che ogni studente di economia incontra, ma esso è radicato in metafore fuorvianti, risalenti al XIX secolo, sull’equilibrio meccanico. Un punto di partenza molto più intelligente per comprendere la dinamicità dell’economia è il pensiero sistemico, riassunto in un paio di cicli di feedback. Porre questa dinamicità al centro dell’economia apre le porte a molte nuove intuizioni, dai cicli di espansione e contrazione dei mercati finanziari alla natura autorinforzante della diseguaglianza economica e ai punti di non ritorno dei cambiamenti climatici. È ora di smettere di cercare le inafferrabili leve di comando dell’economia e di cominciare a gestirla come un sistema complesso in continua evoluzione.

Quinto, progettare per distribuire. Nel XX secolo, una semplice curva – la curva di Kuznets – diffonde un potente messaggio sulla diseguaglianza: deve andare peggio prima di poter andare meglio, e la crescita (alla fine) migliorerà la situazione. Ma la diseguaglianza, si scopre, non è una necessità economica: è un errore di progettazione. Gli economisti del XXI secolo riconosceranno che ci sono molti modi di progettare le economie per fare che siano molto più distributive riguardo al valore che generano – un’idea meglio rappresentata come una rete di flussi. Questo significa andare oltre la ridistribuzione del reddito fino alla ridistribuzione della ricchezza, in particolare la ricchezza che giace nel possesso di terreni, imprese, tecnologie e conoscenze e nel potere di creare denaro.

Sesto, creare per rigenerare. La teoria economica ha per lungo tempo considerato un ambiente “pulito” un bene di lusso, che solo i benestanti possono permettersi. Questa visione è stata rafforzata dalla Curva ambientale di Kuznets, che suggeriva ancora una volta che l’inquinamento deve peggiorare prima di migliorare, e che la crescita (alla fine) avrebbe portato un miglioramento. Ma non c’è nessuna legge del genere: il degrado ecologico è semplicemente il risultato di una progettazione industriale degenerativa. Questo secolo ha bisogno di un pensiero economico che scateni la progettazione rigenerativa per creare un’economia circolare – non lineare – per restituire agli esseri umani il ruolo di partecipanti a pieno titolo ai processi ciclici della vita sulla Terra.

Settimo, essere agnostici riguardo alla crescita. C’è un diagramma della teoria economica così pericoloso da non essere mai realmente tracciato: l’andamento a lungo termine della crescita del Pil. L’economia mainstream vede la crescita infinita dell’economia come un obbligo, ma niente in natura cresce per sempre e il tentativo di opporsi a questa tendenza sta sollevando questioni serie nei paesi ad alto reddito ma a bassa crescita. Potrebbe non essere difficile abbandonare la crescita del Pil come obiettivo economico, ma sarà molto più difficile superare la nostra dipendenza da essa. Oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano prosperare o meno: quello di cui abbiamo bisogno sono economie che ci facciano prosperare, che crescano o meno. Questo ribaltamento del punto di vista ci spinge a essere agnostici riguardo alla crescita e a capire come le economie che oggi dipendono finanziariamente, politicamente e socialmente dalla crescita possano esistere con o senza di essa.

Cosa ne dite? Non mi sembra il delirio di un visionario ma una concretà possibilità e una speranza per il nostro futuro.

Iside
Incontri clandestini ai tempi del Covid19 960 720 Luca Regina SHOWMAN

Incontri clandestini ai tempi del Covid19

Nella Divina Commedia, Dante comincia il suo viaggio partendo da un boschetto.
Io mi rendo conto di essere fortunato, perché ho un boschetto sotto casa e soprattutto perché, poco prima della quarantena, ho adottato un cagnolino di nome Iside.
Iside adesso è il mio permesso di libera uscita vivente e il boschetto, che un tempo era un posto snobbato, con pochi cespugli tagliati di rado, molte cartacce e buste di plastica sparse qua e là e un po’ di bisce che ogni tanto fugacemente si facevano vedere, oggi invece sta diventando sempre più un luogo non luogo, quasi come il bar sotto il mare di Stefano Benni.
Ieri, come tutte le mattine, verso le 9 mi sono alzato, vestito, messo il guinzaglio al quadrupete e sono uscito di casa per andare al boschetto quindi.
Avvicinandomi ho iniziato a sentire delle voci in lontananza.
Si, oddio, delle voci all’aria aperta!
Erano le voci di 3 signore di una certa età che, rischiando di cadere e di rompersi il femore nel sentiero tortuoso, stavano sfidando la legge per incontrarsi nel boschetto e parlare.
A bassa voce, guardandosi sempre intorno, con la paura di essere segnalate e poi anche multate dalla polizia.
Incrociandole le sorrido, le trovo subito molto simpatiche, delle azdore come si dice da queste parti in Romagna e poi scambio con loro due chiacchiere, a distanza di sicurezza sia chiaro.
Dopo aver salutato le 3 fuorilegge, sento un respiro affannato che si avvicina.
È un altro fuorilegge, un mountain biker clandestino.
Anche lui mi è subito simpatico, mi spiega che sta facendo un circuito.
In 150 metri quadrati.
Dopo il ciclista, vedo l’immagine top della giornata.
Un signore di una certa età, non sapendo più cosa fare, probabilmente dopo aver litigato con la moglie, tutto solo in mezzo ai rovi, sta sfoltendo e si sta prendendo cura di alberelli selvatici e graminacee varie.
Mi immagino le piante, che non sono mai state considerate da nessuno in vita loro, che adesso si trovano costrette a un momento di cura e igiene del proprio corpo.
Tra i cespugli spunta a un certo punto un uomo sulla quarantina, con un piccolo codino e l’aria da intellettuale un po’ hippie anni 70.
Si chiama Virgilio, è un insegnante di filosofia.
Cominciamo a parlare di storia e filosofia e, nelle pause, di calcio.
Ma poi di scatto mi dice che deve scappare, a breve deve tenere una lezione on line.
E salutandomi mi dice “tranquillo, tutto scorre, Panta Rei”.
Dopo la passeggiata col cane, che dura circa un’oretta, rientro a casa.
Non vedo l’ora di tornare nel boschetto dell’illegalità.